
Esselunga
la commessa non può andare in bagno
Un altro vergognoso episodio di vessazione nei supermercati di Bernardo Caprotti A Milano, in viale Papiniano, una donna costretta al lavoro, senza potersi alzare E Berlusconi vorrebbe candidare Caprotti al Senato, un chiaro esempio di «rinnovamento» .
ABUSO L’umiliazione, l’imbarazzo, e il coraggio della denuncia. È successo a una commessa dell’Esselunga: costretta alla cassa per ore senza il permesso di assentarsi due minuti per andare in bagno, si è trattenuta finchè ha potuto. Poi le colleghe l’hanno vista alzarsi in piedi con le lacrime agli occhi e il grembiule bagnato.
L’episodio risale al 2 febbraio scorso. La dipendente della filiale milanese di viale Papiniano - una donna italo-peruviana di 44 anni, madre di due figli - ha chiesto di essere sostituita per recarsi alla toilette: era in servizio da quasi tre ore, l’azienda sapeva che soffre di cistite, eppure nessuno è arrivato a sostituirla. «Più passavano i minuti e più stavo male» ha raccontato. La sua richiesta è stata ripetutamente ignorata dai responsabili del supermercato, anche dopo l’intervento dei rappresentanti sindacali. Un’ora dopo era ancora lì, ha cominciato a piangere e si è fatta la pipì addosso. «Capisco che può sembrare incredibile, ma possiamo lasciare la cassa solo se arriva il cambio» ha spiegato una collega.
Un’incredibile storia di diritti negati - non a caso ambientata in un’azienda definita dai sindacati «leader per le difficili condizioni in cui fa lavorare i dipendenti» - dal seguito ancora più incredibile: la donna ha chiesto di poter tornare a casa per cambiarsi, ma è stata costretta a rimanere in cassa per altre quattro ore fino alla fine del turno, in una condizione emotiva umiliante e con forti dolori causati dall’aver trattenuto a lungo l’esigenza fisiologica. Tanto da recarsi poi al pronto soccorso, dove le hanno prescritto una cura e le hanno dato 15 giorni di malattia per l’emoragia e le piccole lesioni interne causate dal suo problema renale aggravato dall’attesa per andare ai servizi. Ora la cassiera attende impaurita di tornare al lavoro: «Sono terrorizzata, so che mi faranno pagare duramente quel che è successo». Ma ha denunciato il fatto alle organizzazioni sindacali, e sta valutando la possibilità d’intentare una causa legale davanti alla magistratura del lavoro.
Al quartier generale Esselunga fanno finta di nulla: «Non ci risulta niente del genere, non vorremmo che dietro questa storia ci fossero manipolazioni del sindacato». Nessuna sorpresa per i sindacati di categoria, che l’anno scorso hanno promosso una campagna di denuncia sui diritti negati ai lavoratori della grande distribuzione, a cominciare proprio da Esselunga. «L’azienda ha sempre negato l’esistenza di questi problemi» sottolinea Sergio Fassina della Filcams Cgil. «Ci troviamo di fronte ad abuso intollerabile». Tanto più all’interno di un gruppo «il cui proprietario scrive libri per insegnare come devono girare le relazioni sindacali».
L’episodio risale al 2 febbraio scorso. La dipendente della filiale milanese di viale Papiniano - una donna italo-peruviana di 44 anni, madre di due figli - ha chiesto di essere sostituita per recarsi alla toilette: era in servizio da quasi tre ore, l’azienda sapeva che soffre di cistite, eppure nessuno è arrivato a sostituirla. «Più passavano i minuti e più stavo male» ha raccontato. La sua richiesta è stata ripetutamente ignorata dai responsabili del supermercato, anche dopo l’intervento dei rappresentanti sindacali. Un’ora dopo era ancora lì, ha cominciato a piangere e si è fatta la pipì addosso. «Capisco che può sembrare incredibile, ma possiamo lasciare la cassa solo se arriva il cambio» ha spiegato una collega.
Un’incredibile storia di diritti negati - non a caso ambientata in un’azienda definita dai sindacati «leader per le difficili condizioni in cui fa lavorare i dipendenti» - dal seguito ancora più incredibile: la donna ha chiesto di poter tornare a casa per cambiarsi, ma è stata costretta a rimanere in cassa per altre quattro ore fino alla fine del turno, in una condizione emotiva umiliante e con forti dolori causati dall’aver trattenuto a lungo l’esigenza fisiologica. Tanto da recarsi poi al pronto soccorso, dove le hanno prescritto una cura e le hanno dato 15 giorni di malattia per l’emoragia e le piccole lesioni interne causate dal suo problema renale aggravato dall’attesa per andare ai servizi. Ora la cassiera attende impaurita di tornare al lavoro: «Sono terrorizzata, so che mi faranno pagare duramente quel che è successo». Ma ha denunciato il fatto alle organizzazioni sindacali, e sta valutando la possibilità d’intentare una causa legale davanti alla magistratura del lavoro.
Al quartier generale Esselunga fanno finta di nulla: «Non ci risulta niente del genere, non vorremmo che dietro questa storia ci fossero manipolazioni del sindacato». Nessuna sorpresa per i sindacati di categoria, che l’anno scorso hanno promosso una campagna di denuncia sui diritti negati ai lavoratori della grande distribuzione, a cominciare proprio da Esselunga. «L’azienda ha sempre negato l’esistenza di questi problemi» sottolinea Sergio Fassina della Filcams Cgil. «Ci troviamo di fronte ad abuso intollerabile». Tanto più all’interno di un gruppo «il cui proprietario scrive libri per insegnare come devono girare le relazioni sindacali».
Fonte:Di Luigina Venturelli / Milano sull'Unità 21/2/2008
1 commento:
Ne abbiamo parlato anche su qui facendo riferimento al vostro Blog.
Un saluto.
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