
IL DIAVOLO ....COSA VESTE?
Ciao Alessandro!!
Mi hai chiesto di scrivere qualcosa sul blog e mi sembra più che giusto dare un contributo. Non conosco molto bene il settore del commercio, in quanto io sono una “tessile”. Faccio però parte della categoria, come tutti, dei consumatori e la prima cosa che voglio dire è che chi sta al pubblico ha la mia più grande solidarietà: orari assurdi, turni massacranti, week-end di lavoro, mese di dicembre senza sosta…….. senza considerare che tutti i giorni si ha a che fare con la gente, ovvero “il pubblico”. Io che ci metto 10 minuti a scegliere cosa comprare, penso che perderei la pazienza dopo un attimo, con chi ti fa tirare fuori tutto il negozio e poi non compra nulla.
Se poi si considera che oltre all’indeciso di turno, si ha a che fare, quotidianamente, con i problemi della vita, quali il contratto precario, il mutuo o l’affitto da pagare, i figli da guardare, ecc….. come si fa ad essere sempre sorridenti e disponibili? Verrebbe da pensare che, prima di tutto, un negozio dovrebbe puntare a rendere tranquilla la vita di chi ci lavora perché un addetto alle vendite gentile e competente fa tornare i clienti, non li allontana. Invece c’è di tutto e di più, lo immagino.
Io, seguendo il settore tessile, ne vedo tante, di continuo: dal lavoro al nero alla discriminazione delle donne. Siamo nel 2008 e ancora QUALCUNO non ha capito che i figli li fanno le donne. Mah!
Facciamo un esempio: la mia lavoratrice tessile, in un settore molto a rischio, ha un lavoro precario perché da un momento all’altro potrebbe chiudere l’azienda, non perché ha un contratto a progetto. Magari si fa pagare gli straordinari a nero (a volte anche i notturni) per prendere qualche soldino in più, senza pensare che la nuova generazione, con la pensione calcolata sui contributi, riscuoterà di meno anche a non segnare le ore regolarmente in busta paga.
Siccome la mia lavoratrice non ha un posto di lavoro tranquillo, ha paura a formare una famiglia, comprare casa e fare figli. E quindi, alla fin fine, anche a spendere. E’ un circolo vizioso che non fa altro che indebolire il nostro sistema, dopo aver già notevolmente indebolito le famiglie.
C’è paura nel futuro, con la speranza che non ti succeda mai qualcosa che possa anche solo “disturbare” la quiete quotidiana. Un esempio banale: se in famiglia qualcuno si ammala e ha bisogno di cure…… chi se ne occupa?
Io ho 2 genitori anziani, sono figlia unica e il lavoro mi permette di andare avanti, non di fare shopping tutti i giorni!!! Se i miei si ammalano, chi può seguirli? Non posso lasciare il lavoro, perché altrimenti non campo, e se cerco una badante, come faccio a pagarla??……… AIUTO!!!!
Quello che manca oggi è un sistema di servizi per il cittadino che dia a tutti le stesse possibilità e che, ad esempio, una donna possa SCEGLIERE di lavorare 8 ore o di stare dietro ai figli……
Ti sembro pessimista???? Sono realista perché vedo quello che c’è a giro, ma rimango ottimista, a fatica, perché lo sono sempre stata e perché penso che sia necessario continuare ad esserlo.
Mi hai chiesto di scrivere qualcosa sul blog e mi sembra più che giusto dare un contributo. Non conosco molto bene il settore del commercio, in quanto io sono una “tessile”. Faccio però parte della categoria, come tutti, dei consumatori e la prima cosa che voglio dire è che chi sta al pubblico ha la mia più grande solidarietà: orari assurdi, turni massacranti, week-end di lavoro, mese di dicembre senza sosta…….. senza considerare che tutti i giorni si ha a che fare con la gente, ovvero “il pubblico”. Io che ci metto 10 minuti a scegliere cosa comprare, penso che perderei la pazienza dopo un attimo, con chi ti fa tirare fuori tutto il negozio e poi non compra nulla.
Se poi si considera che oltre all’indeciso di turno, si ha a che fare, quotidianamente, con i problemi della vita, quali il contratto precario, il mutuo o l’affitto da pagare, i figli da guardare, ecc….. come si fa ad essere sempre sorridenti e disponibili? Verrebbe da pensare che, prima di tutto, un negozio dovrebbe puntare a rendere tranquilla la vita di chi ci lavora perché un addetto alle vendite gentile e competente fa tornare i clienti, non li allontana. Invece c’è di tutto e di più, lo immagino.
Io, seguendo il settore tessile, ne vedo tante, di continuo: dal lavoro al nero alla discriminazione delle donne. Siamo nel 2008 e ancora QUALCUNO non ha capito che i figli li fanno le donne. Mah!
Facciamo un esempio: la mia lavoratrice tessile, in un settore molto a rischio, ha un lavoro precario perché da un momento all’altro potrebbe chiudere l’azienda, non perché ha un contratto a progetto. Magari si fa pagare gli straordinari a nero (a volte anche i notturni) per prendere qualche soldino in più, senza pensare che la nuova generazione, con la pensione calcolata sui contributi, riscuoterà di meno anche a non segnare le ore regolarmente in busta paga.
Siccome la mia lavoratrice non ha un posto di lavoro tranquillo, ha paura a formare una famiglia, comprare casa e fare figli. E quindi, alla fin fine, anche a spendere. E’ un circolo vizioso che non fa altro che indebolire il nostro sistema, dopo aver già notevolmente indebolito le famiglie.
C’è paura nel futuro, con la speranza che non ti succeda mai qualcosa che possa anche solo “disturbare” la quiete quotidiana. Un esempio banale: se in famiglia qualcuno si ammala e ha bisogno di cure…… chi se ne occupa?
Io ho 2 genitori anziani, sono figlia unica e il lavoro mi permette di andare avanti, non di fare shopping tutti i giorni!!! Se i miei si ammalano, chi può seguirli? Non posso lasciare il lavoro, perché altrimenti non campo, e se cerco una badante, come faccio a pagarla??……… AIUTO!!!!
Quello che manca oggi è un sistema di servizi per il cittadino che dia a tutti le stesse possibilità e che, ad esempio, una donna possa SCEGLIERE di lavorare 8 ore o di stare dietro ai figli……
Ti sembro pessimista???? Sono realista perché vedo quello che c’è a giro, ma rimango ottimista, a fatica, perché lo sono sempre stata e perché penso che sia necessario continuare ad esserlo.
Silvia
SILVIA MOZZORECCHI Funzionario CGIL settore tessile Scandicci/Chianti (FI)
1 commento:
Ciao sono Lina, operaia e delegata tessile in mobilità, vorrei esprimere un pensiero sulla situazione attuale...
L’aumentare della disoccupazione è motivo di paura e smarrimento per ogni individuo e per ogni fascia di età.
Penso al dramma dei giovani lavoratori precari, ma in modo particolare agli “over 40 e 45, fascia di lavoratori a rischio di perdita dell’occupazione e di difficile reinserimento nel mondo del lavoro,
Ed è di quest’ultimi che vorrei parlare. Molte aziende (leggendo i giornali), considerano la soglia dei 40 il limite massimo per investire o disinvestire sulle risorse umane,
e poiché per le aziende, i lavoratori e in modo particolare le lavoratrici cosidette “mature”, costano di più e sono meno flessibili, fan di tutto per mandarle a casa perché ritenute un problema, (per i motivi che già conosciamo, la cura dei figli, anziani,ecc ecc) per poi inserire elementi giovani, con contratti a termine, di apprendistato, giostrandoli e sfruttandoli a loro piacimento e magari illudendoli.
E’ sicuramente una situazione gravosa per tutti i lavoratori ma credo che a farne le spese maggiori saranno le donne, già prese pesantemente di mira a partire dalla cancellazione del divieto di consegnare dimissioni in bianco, una fortuna per quei datori di lavoro che non vogliono saperne di maternità – ad arrivare alla proposta dell’allungamento dell’età pensionabile.
C’è una contraddizione però in tutto questo: da una parte, politicamente, si spinge all'allungamento dell'età pensionabile e dall’altra a livello aziendale si fa di tutto per lasciarle a casa.
Vorrei sapere, a chi si riferisce l'aumento dell'età pensionabile, se poi si viene cacciate a 40 / 45 anni?
Sono gli "over 45" espulsi dal mercato del lavoro che diventeranno i nuovi poveri, cioè quelle persone che, pur con qualifiche professionali, si ritrovano a diventare disoccupati storici, disagio ancora più alto per il mondo femminile. Non è il singolo individuo disoccupato che è vittima dell'espulsione dal lavoro, ma un intero nucleo familiare che risente di tale situazione, specialmente quando non si ha nessuno che possa aiutarti, diventato ormai una persona esclusa dall'attuale sistema sociale.
Queste lavoratrici prima pensavano al futuro, chiedendosi " forse riusciremo a..."; poi il futuro ha incominciato ad essere incerto e a far paura, ora, NON ESISTE!
Dovranno aspettare i 65 anni - ben vent’anni senza una retribuzione, per aver una misera pensione con la quale sopravvivere!!
E' necessaria, per gli "over 45" che non hanno lavoro, la priorità di creare un mercato di lavoro (creando corsi di riqualificazione profess.) esclusivamente rivolto a queste categorie, essendo diventate INVISIBILI, anche con incentivi alle aziende che assumono, con contributi mensili di solidarietà sociale in base al reddito, o in riferimento ai titoli di studio conseguiti, al tempo di permanenza nelle liste di disocc. ecc..., ma, nel nostro Paese e soprattutto in questo particolare momento, purtroppo, non esiste la volontà strutturale di risolvere questo dramma che attanaglia le tante famiglie in crisi.
Lina Reggio Emilia. 13/03/2009
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