Vogliamo pubblicare questa lettera apparsa domenica su "la repubblica" che testimonia il "pessimo" clima che vivono alcuni lavoratori nel "mondo luccicante" dei CENTRI COMMERCIALI.
«MI CHIAMO Anna, i vetri del mio oblò sono luccicanti ma striminziti, sottratti alla plastica e al cemento di un centro commerciale della piana fiorentina. Ho trentacinque anni e da otto lavoro per un ipermercato, uno di quelli che vi riempiono la posta, il giornale, la radio e la testa di pubblicità: prodotti sottocosto, sconti stratosferici, sorrisi e meraviglia. Adesso vi parlo di altre cose altrettanto risapute, ma meno pubblicizzate.Accanto a me sono sfilati colleghi come meteore, ma io non sono una precaria: tempo indeterminato, quattordici mensilità e ferie pagate, tutto in regola, seppur con un contratto di categoria scaduto nel 2006. Il paradosso è che di interinali, assunti a termine o a chiamata, qua non se ne vedono più. Ne vengono alcuni per le domeniche o durante le feste, ma davvero pochi, e non fanno in tempo a imparare il mestiere che già sono fuori, a disperarsi per cercarne un altro. È cambiato l´andazzo generale. È successo che un po´ di tempo fa la ditta ha estratto dal cilindro il coniglio della crisi, i numeri e le facce serie di chi stenta a tenere aperta la bottega. Giuro che è capitato tutto all´improvviso e che noi, da dentro, mai ci saremmo aspettati un rovescio simile. L´imperativo è diventato uno solo: tagliare. Ridurre i costi, risicare su ogni spesa, a cominciare dalle sicurezza per arrivare al ceppo natalizio, passando dalla carta igienica, le biro, le lampadine. E lesinando sul personale, ovvio, la voce più gravosa del bilancio. Fatto sta che oggi siamo all´osso e privarsi degli interinali non basta più. Si licenzia, ma non si può licenziare, allora si fa in modo che la gente si licenzi da sé. Io non lo so se è mobbing, so che fa una paura cane.Con lo spauracchio della mobilità ci hanno fatto firmare un accordo per cui le mansioni specifiche non esistono più, e neppure i vincoli d´orario: tutti possiamo fare tutto, sempre, a discrezione dell´azienda. Sembrava l´unico modo per salvarci il posto: rinunciare a piccoli privilegi privati in nome di una giustizia collettiva. Non sta andando proprio così. Hanno concepito un piano di sterminio e immaginatevi le prime teste da far saltare: rompiscatole, sindacalisti, cagionevoli di salute, donne in aria di gravidanza. La strategia è semplice e alla luce del sole. Colleghi di cinquant´anni che da trentacinque facevano i macellai sono stati dirottati a ripiegare mutande nel reparto di intimo. Colleghe della telefonia a smistare cipolle. Se ti scappa detto che non sopporti l´odore del pesce, la mattina dopo stai a pulire seppie e branzini. Se abiti lontano ti faranno entrare così presto da spiazzare pure gli orari di Trenitalia. Se chiedi quindici giorni di ferie per luglio, le avrai a ottobre. Protesterai, ma servirà a poco. Sarà difficile che i colleghi ti facciano quadrato intorno, nessuno vuole essere il prossimo della lista. Anzi, un giorno farai la spesa e la cassiera, la tua collega, ti chiederà di controllare il tuo zainetto, perché gira voce che qualcuno s´è pure messo a rubare: tu sei sicura che quel rossetto non l´hai preso proprio qua? Hai conservato lo scontrino?
Il giorno dopo presenterai la lettera di dimissioni e il primo a ridere sarà il giovane capetto di settore, il tuo diretto aguzzino, quello che mai avresti voluto accontentare. Ti consolerai pensando che durerà poco anche per lui: ne hai visti molti arrivare qua mostrando i muscoli, convinti di tagliare teste e quadrare i numeri senza dannarsi; basterà un ingranaggio che salta e pure a lui toccherà andarsene con la coda tra le gambe, sperando che altre ditte necessitino di un boia.Di tutto questo, la clientela avverte soltanto le pubblicità sempre più ammalianti, e le giornate di delirio in cui l´ipermercato è zeppo ma non si trova un commesso a pagarlo oro, e ci s´infuria, si grida contro la cassiera, si molla tutto e ce ne andiamo, e cacciatevele pure le vostre promozioni. Poi si ritorna, però, a spingerci il carrello speranzosi, perché stiamo diventando così poveri di tasche e d´anima che per sbarcare la mesata confidiamo solo nella prossima offerta, nell´ennesimo slalom di sottocosti. La giostra va avanti così, aspettando la mobilità».
Il giorno dopo presenterai la lettera di dimissioni e il primo a ridere sarà il giovane capetto di settore, il tuo diretto aguzzino, quello che mai avresti voluto accontentare. Ti consolerai pensando che durerà poco anche per lui: ne hai visti molti arrivare qua mostrando i muscoli, convinti di tagliare teste e quadrare i numeri senza dannarsi; basterà un ingranaggio che salta e pure a lui toccherà andarsene con la coda tra le gambe, sperando che altre ditte necessitino di un boia.Di tutto questo, la clientela avverte soltanto le pubblicità sempre più ammalianti, e le giornate di delirio in cui l´ipermercato è zeppo ma non si trova un commesso a pagarlo oro, e ci s´infuria, si grida contro la cassiera, si molla tutto e ce ne andiamo, e cacciatevele pure le vostre promozioni. Poi si ritorna, però, a spingerci il carrello speranzosi, perché stiamo diventando così poveri di tasche e d´anima che per sbarcare la mesata confidiamo solo nella prossima offerta, nell´ennesimo slalom di sottocosti. La giostra va avanti così, aspettando la mobilità».
FONTE:La repubblica 10.02.2008 art. di EMILIANO GUCCI
Nessun commento:
Posta un commento