giovedì 14 febbraio 2008

SE QUESTO NON E' MOBBING...


Vogliamo pubblicare questa lettera apparsa domenica su "la repubblica" che testimonia il "pessimo" clima che vivono alcuni lavoratori nel "mondo luccicante" dei CENTRI COMMERCIALI.


«MI CHIAMO Anna, i vetri del mio oblò sono luccicanti ma striminziti, sottratti alla plastica e al cemento di un centro commerciale della piana fiorentina. Ho trentacinque anni e da otto lavoro per un ipermercato, uno di quelli che vi riempiono la posta, il giornale, la radio e la testa di pubblicità: prodotti sottocosto, sconti stratosferici, sorrisi e meraviglia. Adesso vi parlo di altre cose altrettanto risapute, ma meno pubblicizzate.Accanto a me sono sfilati colleghi come meteore, ma io non sono una precaria: tempo indeterminato, quattordici mensilità e ferie pagate, tutto in regola, seppur con un contratto di categoria scaduto nel 2006. Il paradosso è che di interinali, assunti a termine o a chiamata, qua non se ne vedono più. Ne vengono alcuni per le domeniche o durante le feste, ma davvero pochi, e non fanno in tempo a imparare il mestiere che già sono fuori, a disperarsi per cercarne un altro. È cambiato l´andazzo generale. È successo che un po´ di tempo fa la ditta ha estratto dal cilindro il coniglio della crisi, i numeri e le facce serie di chi stenta a tenere aperta la bottega. Giuro che è capitato tutto all´improvviso e che noi, da dentro, mai ci saremmo aspettati un rovescio simile. L´imperativo è diventato uno solo: tagliare. Ridurre i costi, risicare su ogni spesa, a cominciare dalle sicurezza per arrivare al ceppo natalizio, passando dalla carta igienica, le biro, le lampadine. E lesinando sul personale, ovvio, la voce più gravosa del bilancio. Fatto sta che oggi siamo all´osso e privarsi degli interinali non basta più. Si licenzia, ma non si può licenziare, allora si fa in modo che la gente si licenzi da sé. Io non lo so se è mobbing, so che fa una paura cane.Con lo spauracchio della mobilità ci hanno fatto firmare un accordo per cui le mansioni specifiche non esistono più, e neppure i vincoli d´orario: tutti possiamo fare tutto, sempre, a discrezione dell´azienda. Sembrava l´unico modo per salvarci il posto: rinunciare a piccoli privilegi privati in nome di una giustizia collettiva. Non sta andando proprio così. Hanno concepito un piano di sterminio e immaginatevi le prime teste da far saltare: rompiscatole, sindacalisti, cagionevoli di salute, donne in aria di gravidanza. La strategia è semplice e alla luce del sole. Colleghi di cinquant´anni che da trentacinque facevano i macellai sono stati dirottati a ripiegare mutande nel reparto di intimo. Colleghe della telefonia a smistare cipolle. Se ti scappa detto che non sopporti l´odore del pesce, la mattina dopo stai a pulire seppie e branzini. Se abiti lontano ti faranno entrare così presto da spiazzare pure gli orari di Trenitalia. Se chiedi quindici giorni di ferie per luglio, le avrai a ottobre. Protesterai, ma servirà a poco. Sarà difficile che i colleghi ti facciano quadrato intorno, nessuno vuole essere il prossimo della lista. Anzi, un giorno farai la spesa e la cassiera, la tua collega, ti chiederà di controllare il tuo zainetto, perché gira voce che qualcuno s´è pure messo a rubare: tu sei sicura che quel rossetto non l´hai preso proprio qua? Hai conservato lo scontrino?
Il giorno dopo presenterai la lettera di dimissioni e il primo a ridere sarà il giovane capetto di settore, il tuo diretto aguzzino, quello che mai avresti voluto accontentare. Ti consolerai pensando che durerà poco anche per lui: ne hai visti molti arrivare qua mostrando i muscoli, convinti di tagliare teste e quadrare i numeri senza dannarsi; basterà un ingranaggio che salta e pure a lui toccherà andarsene con la coda tra le gambe, sperando che altre ditte necessitino di un boia.Di tutto questo, la clientela avverte soltanto le pubblicità sempre più ammalianti, e le giornate di delirio in cui l´ipermercato è zeppo ma non si trova un commesso a pagarlo oro, e ci s´infuria, si grida contro la cassiera, si molla tutto e ce ne andiamo, e cacciatevele pure le vostre promozioni. Poi si ritorna, però, a spingerci il carrello speranzosi, perché stiamo diventando così poveri di tasche e d´anima che per sbarcare la mesata confidiamo solo nella prossima offerta, nell´ennesimo slalom di sottocosti. La giostra va avanti così, aspettando la mobilità».


FONTE:La repubblica 10.02.2008 art. di EMILIANO GUCCI

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